Chatcontrol, a rimetterci saranno le vittime di abusi

Chatcontrol, a rimetterci saranno le vittime di abusi

Zitto zitto, il Parlamento Europeo vara la sorveglianza di massa di tutte le email in barba al GDPR, Chat control autorizza i provider a ispezionare ogni comunicazione.
Motivazione ufficiale: la lotta alla pedofilia.

Che l’intero Regolamento e tutto ciò che lo circonda stiano preparandosi a operare protetti da una sorta di oscurità (“con il favore delle tenebre” direbbe qualcuno) dovrebbe inoltre essere palese: quasi nessuno sta parlando di quanto è accaduto a Strasburgo, né ha sottolineato come di punto in bianco la sempre sbandierata norma sulla privacy europea sia di colpo aggirabile senza obiezioni.

«Tutte le nostre e-mail e messaggi privati saranno soggetti a sorveglianza di massa in tempo reale utilizzando macchine soggette a errori. Innumerevoli cittadini innocenti verranno sospettati di aver commesso un crimine; i minorenni vedranno i nudi da loro inviati privatamente cadere in mani sbagliate; le vittime di abusi perderanno canali sicuri per la consulenza. Questo regolamento stabilisce un terribile precedente» ha avvertito Patrick Breyer, uno dei deputati del Partito Pirata Europeo che si è opposto all’approvazione del Regolamento.

Un altro punto critico consiste infatti nella certezza che anche quelle comunicazioni che dovrebbero essere protette dal segreto professionale – con lo psicologo, l’avvocato, il medico – saranno scandagliate: se non si tratta di sorveglianza globale, manca davvero poco.

Breyer, poi, ricorda come l’86% delle segnalazioni generati dai sistemi automatici fino a oggi si è rivelato falso: investigatori hanno perso tempo prezioso a valutare foto innocenti di bambini in spiaggia solo perché l’algoritmo ha ritenuto che fosse materiale pedopornografico, sbagliando completamente. Ciò danneggia quindi anche le attività di indagine volte a scoprire gli abusi e i crimini reali nei confronti dei minori, che sono e restano una piaga da affrontare e sradicare, ma con sistemi efficaci.

A rendere ancora più assurdo il tutto c’è poi il fatto che l’intero Regolamento viene vanificato dal fatto che esso deve fermarsi davanti a quei sistemi che adoperano la crittografia end-to-end, rendendo impossibile l’intercettazione delle comunicazioni, e dunque l’analisi alla ricerca di materiale compromettente.

«I postini non aprono le lettere private per vedere se qualcuno stia inviando materiale illecito. La stessa regola dovrebbe valere online» aggiunge Marcel Kolaja, del Partito Pirata Ceco. «Inoltre, il controllo delle grandi piattaforme non farà altro che spingere i criminali a spostarsi verso piattaforme su cui il controllo delle chat sia impossibile dal punto di vista tecnico. Il risultato sarà che si ficcherà quotidianamente il naso nelle faccende di gente innocente, senza riuscire a individuare i criminali».

La Commissione, che ha già annunciato un successivo regolamento per rendere il controllo obbligatorio, però ha pensato anche a questo: vorrebbe che in futuro la sicurezza delle comunicazioni crittografate venisse limitata, introducendo delle backdoor che consentano ai provider di monitorare ciò che dovrebbe, in teoria, essere protetto. Il Regolamento triennale, insomma, serve solo a gettare le basi per una sorveglianza più estesa.

Dal punto di vista giuridico, tutto ciò è un disastro. Lo afferma Sophie in’t Veld, eurodeputata, che ha avvertito: il Regolamento non reggerà a un esame da parte di un tribunale. I parlamentari ora sperano che la proposta venga migliorata in modo da eliminare ogni pericolo per la protezione dei dati.

Il Partito Pirata Europeo, dal canto proprio, ha già annunciato l’intenzione di adire le vie legali con l’appoggio proprio delle vittime di abusi, che secondo Patrick Breyer «vengono danneggiate in maniera particolare da questa sorveglianza di massa. Poter parlare liberamente degli abusi subiti e poter cercare aiuto in uno spazio sicuro è fondamentale per le vittime di violenza sessuale. Ciò può accadere solo se si può comunicare in sicurezza e in confidenza. Questi spazi sicuro stanno per scomparire, e le vittime non potranno più cercare aiuto e supporto».In nome della lotta alla pedofilia e alla pedopornografia online, il 6 luglio il Parlamento Europeo ha approvato un regolamento denominato Chatcontrol che agirà in deroga alla norma europea per i dati personali, il famoso GDPR: consentirà ai provider di posta elettronica e non solo di monitorare le comunicazioni dei cittadini europei.

Il Regolamento è stato approvato con 537 voti a favore, espressi da eurodeputati di tutte le famiglie politiche – dai socialisti ai democratici, passando per popolari, conservatori, e destra radicale – e il voto contrario di 137 membri del Parlamento, appartenenti soprattutto ai Verdi, ai vari partiti pirata e al gruppo della sinistra radicale.Lo scopo è sicuramente nobile – la protezione dei minori dagli sfruttatori – ma il mezzo prescelto per raggiungerlo è di dubbia efficacia, di farraginosa applicazione ed estremamente prono a fornire una marea di falsi positivi, senza contare come faccia carta straccia di tutti i pronunciamenti sulla riservatezza dei dati usciti fino a oggi.

L’ormai famoso GDPR vieta le pratiche di sorveglianza, intercettazione e conservazione delle comunicazioni elettroniche delle persone; il Regolamento, agendo in deroga, consente invece tutto ciò, giustificandolo con la lotta alla pedofilia.

Chi ha scritto la norma, con tutta evidenza sa di aver agito in barba a tutti i principi espressi sinora: infatti l’efficacia di Chat control ha una durata massima di tre anni, ossia il tempo entro il quale, prevedibilmente, saranno presentati, valutati e infine accolti i vari ricorsi che già si iniziano a ipotizzare contro di esso.Occorre precisare che l’adesione al Regolamento da parte dei provider è per il momento volontaria, anche se alcuni si sono già espressi a favore. L’ambito d’applicazione non riguarda soltanto le comunicazioni via posta elettronica, ma tutti gli scambi: dalle chat ai post sui social network; sono escluse solo le comunicazioni audio.

La scansione delle comunicazioni avverrà automaticamente in cerca di contenuti illegali; qualora l’algoritmo rileverà del materiale corrispondente ai parametri, il provider dei servizi sarà allertato ed esso dovrà non solo verificare la veridicità della segnalazione, ma anche avvisare immediatamente le forze dell’ordine.

In altre parole, i dipendenti di ogni fornitore di servizi – sia esso Facebook, Google o un piccolo provider di posta elettronica – potranno, per esempio, visionare e conservare testi, foto e video anche intimi di milioni di persone, per poter stabile se il materiale sia lecito oppure no.

Poi avviseranno la polizia. Mentre tutto ciò starà accadendo, la persona diventata oggetto d’indagine non saprà nulla, in barba all’articolo 22 del GDPR che impone che i soggetti interessati siano informati, che siano loro fornite tutte le spiegazioni del caso e che abbiano la possibilità di contestare la decisione presa dall’algoritmo. Non solo: mentre l’articolo 71 del GDPR vieta che vengano prese decisioni automatizzate nei confronti di minori, il Regolamento non opera alcuna distinzione tra minorenni e adulti.

Oltre a questa palese violazione della privacy c’è la questione dell’inevitabile imprecisione degli algoritmi: come già capita con i filtri di Facebook, il sistema facilmente segnalerà contenuti che, se non del tutto innocenti, sono quantomeno legittimi; un messaggio che, letto nel suo contesto, non rappresenta un problema potrebbe essere segnalato alle forze dell’ordine perché sembra essere allusivo – e configurare il reato di adescamento – nei confronti di un minore.I rilievi non si fermano qui: si riapre infatti tutta la questione dello scambio di materiale intimo tra minorenni. Se entrambi gli attori della comunicazione sono minori, può configurarsi un reato di pedofilia: è giusto che il sistema di sorveglianza provveda a rilevare e punire questi scambi assolutamente privati tra soggetti consenzienti?
Di più: ha davvero senso costruire, come vuol fare la Commissione Europea, un database di materiale pedopornografico per facilitare la ricerca di quanto è in circolazione?

Leggi l’articolo originale su ZEUS News – https://www.zeusnews.it/n.php?c=28872
 

 

Cadence presenta Cerebrus

Cadence presenta Cerebrus

l’intelligenza artificiale velocizza la progettazione dei chip

Uno strumento avanzato per velocizzare la progettazione, la produzione e l’arrivo sul mercato di chip di ogni genere.

Cadence, nota azienda specializzata nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di soluzioni per il design di circuiti integrati, SoC e circuiti stampati, ha svelato Cerebrus.

Si tratta di uno strumento che utilizza il machine learning e che permetterà alle aziende di progettare nuovi chip in modo molto più veloce ed efficiente oltre che in tempi record.

Per anni, se non decenni, gli strumenti di progettazione di schede e chip sono stati in grado di automatizzare il posizionamento e la creazione di percorsi tra i vari strati coinvolti nella realizzazione del dispositivo.

Il problema è che tali strumenti richiedono la continua supervisione di un team di ingegneri per assicurarsi che tutto sia a posto e funzioni perfettamente. Cerebrus semplifica la procedura di convalida manuale e la riduce all’utilizzo di un’unica figura che è chiamata soltanto a convalidare il progetto finale.

Un approccio nuovo basato sull’intelligenza artificiale che assicura un enorme risparmio di tempo e costi per i progettisti di chip introducendo quindi benefici enormi in tanti aspetti della fase di progettazione.

Un chip subisce spesso delle modifiche nel processo di progettazione e anche nelle fasi di test e produzione al fine di ottimizzare le prestazioni, l’efficienza e l’area occupata (acronimo PPA, power, performance, area).

Cadence ha dimostrato che con un esempio di design a 5 nm Cerebrus permette di ottenere processori che lavorano a frequenze più elevate (+14%), sono contraddistinti da una densità di transistor maggiore (+5%) e correnti di dispersione minori (-7%).

 

Cadence presenta Cerebrus: l'intelligenza artificiale velocizza la progettazione dei chip

I risultati presentati da Cadence sono stati ottenuti combinando il lavoro di Cerebrus con la supervisione di un ingegnere specializzato in soli 10 giorni contro i mesi di pianificazione e ottimizzazione da parte di una dozzina di ingegneri che collaborano servendosi degli attuali strumenti di progettazione di chip.

Fonte: ilsoftware.it

Dalle faccine ai simboli della pandemia, le emoji

Dalle faccine ai simboli della pandemia, le emoji

Chi non ha mai usato una emoji in una chat. Insieme alle Gif animate, le faccine sono diventate negli ultimi anni uno strumento di comunicazione che ha pervaso la letteratura, il cinema e da oltre un anno sono entrate nella lista anche quelle riguardanti la pandemia, naturalmente con disegnini a tema.
Nei lunghi mesi della pandemia alcune aziende tecnologiche hanno lanciato emoji a tema: dalla siringa del vaccino al lavaggio delle mani e Facebook che ha raffigurato un abbraccio.

Secondo alcuni calcoli, nel 2022 il numero delle emoticon presenti raggiungerà quota 3.500.
Ogni anno se ne aggiungono di nuove e tra quelle più recenti approvate, c’è la mano che mima il gesto “ma che vuoi?”, mentre ci sono da tempo sui nostri smartphone quelle dei diversi colori della pelle.
Le faccine sono diventate parte della nostra comunicazione, alcune persone nelle conversazioni usano solo emoji ma non tutti sono felici di non ricevere un normale testo.

Sembra di essere tornati indietro al tempo dei geroglifici egizi, noi la vediamo come una involuzione e non come un’evoluzione!

Email Marketing

Email Marketing

In senso lato, qualunque e-mail inviata a un cliente (o cliente potenziale), può essere considerata un’azione di e-mail marketing. Solitamente però si usa questo termine per riferirsi all’invio di messaggi email per acquisire nuovi clienti, fidelizzarne altri, o convincere quelli precedenti ad acquistare subito qualcosa (call to action).

L’attività pubblicitaria online basata sull’invio di un messaggio pubblicitario tramite email verso una lista preselezionata di utenti è chiamata Direct Email Marketing (o Direct E-Mailing, in acronimo DEM). In Italia vengono ricevuti 900 milioni di messaggi di posta elettronica al giorno, circa 30 per utente Internet.

Negli ultimi anni si sta ponendo una sempre maggiore attenzione all’integrazione dell’e-mail marketing con altri sistemi di gestione (es. CRM) e comunicazione (es. social media). L’evoluzione recente si sta concentrando sempre più sulla qualità del contatto (profilazione delle utenze, cura della soddisfazione della clientela), rispetto agli invii massivi di posta che avevano caratterizzato l’e-mail marketing degli esordi.

L’utilizzo sovrabbondante di comunicazioni elettroniche da parte delle società commerciali, ha causato fenomeni di rigetto da parte degli utenti, tanto da aumentare in modo significativo i fenomeni di posta indesiderata (spam).
Vantaggi

L’e-mail marketing:

È meno costoso del marketing diretto fatto con materiale cartaceo.
Il ritorno sull’investimento (ROI) è più di quattro volte superiore rispetto ad altri canali di marketing[2][3].
È istantaneo, soprattutto se comparato con la posta cartacea: una e-mail arriva in secondi o minuti.
Permette al pubblicitario di “spingere” il messaggio al pubblico, al contrario di un sito web che “aspetta” che i visitatori lo raggiungano.
È facile da tracciare. Un pubblicitario può tracciare gli utenti con i web bug, messaggi respinti, disiscrizioni, conferme di ricezione, click-through, etc. Questi possono essere usati per tracciare i tassi di apertura delle e-mail, i riscontri positivi o negativi, le vendite derivate dal marketing.
Consente di stabilire una relazione “uno a uno”, cioè di personalizzare il messaggio in base al destinatario che riceverà quella comunicazione specifica.
Permette di fare test per vedere quale tipo di messaggio produce migliori risultati in base al pubblico cui si rivolge.
i costi sono decisamente contenuti rispetto a qualunque altro tipo di pubblicità.

Svantaggi

Se fatto bene, l’email marketing ha in sé pochi svantaggi, anche se esistono comunque degli ostacoli oggettivi con cui chiunque voglia lanciare una campagna email deve fare i conti:

Caselle di posta già sature. Pressoché ogni azienda comunica oggi con i propri clienti attraverso lo strumento dell’email marketing.
Questo significa che chiunque abbia un indirizzo email finisce col ricevere quotidianamente tra le 10 e le 90 email al giorno, più o meno desiderate. Per un’azienda che vuole fare email marketing, dunque, è sempre più difficile farsi notare tra le caselle di posta già sature.

Filtri anti-spam: nel contesto descritto qui sopra i diversi provider di posta elettronica (Gmail, Yahoo, Hotmail, ecc.) hanno innalzato dei muri-anti spam sempre più alti, al fine di proteggere i propri utenti dalla posta indesiderata. Per chi si occupa di email marketing questo significa dover giocare in base alle regole dettate da questi filtri, in modo da evitare che le proprie campagne vengano bloccate e non raggiungano mai il destinatario finale.

La rivoluzione del GDPR: entrato in vigore nel maggio del 2018, ha rappresentato un vero e proprio uragano nel mondo dell’email marketing. Prima del GDPR, infatti, la raccolta di indirizzi email a cui inviare le proprie campagne di email marketing era poco regolamentata e lasciata pressoché interamente alla creatività delle aziende. Gli indirizzi email degli utenti potevano essere raccolti in svariati modi o anche essere acquistati da agenzie che si occupavano quasi esclusivamente di raccogliere database di indirizzi e venderli alle aziende. Oggi, invece, un’azienda che vuole fare email marketing deve garantire una totale trasparenza e sottostare ai paletti del GDPR.

Cuba ha bloccato l’accesso a Facebook e Telegram

Cuba ha bloccato l’accesso a Facebook e Telegram

14Da circa tre giorni sono in corso proteste a causa della scarsità di cibo e medicine, oltre che della cattiva gestione della pandemia COVID-19.
Come risposta, il governo cubano ha bloccato l’accesso a Facebook, WhatsApp, Instagram e Telegram.
Una simile censura è stata applicata anche in altri paesi “poco democratici”, come Myanmar, Iran e Pakistan.

L’improvvisa repressione dei social media è probabilmente uno stratagemma del governo per interrompere le comunicazioni mentre le proteste, dove i dissidenti sono strettamente monitorati e controllati, continuano a imperversare sull’isola.

Pixel Facebook, mai sentito parlare?

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In questo articolo ti spiego cosa è ed a cosa serve il pixel di monitoraggio di Facebook.

Il pixel di monitoraggio delle conversioni di Facebook è probabilmente uno degli strumenti più utili per monitorare l’andamento di una campagna pubblicitaria Facebook e verificarne l’efficacia.

A prima vista può sembrare complesso, ma tecnicamente si tratta semplicemente di qualche riga di codice da inserire all’interno del tuo sito web.

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Ecco alcuni consigli che ti possono aiutare fin da subito.

1. Blocca il tempo

Vai nella tua stanza preferita, mettiti comodo e “blocca il tempo” che hai deciso di dedicare per scrivere un articolo.

In questo momento nulla è più importante di questo, quindi disattiva le notifiche del cellulare, spegni il PC, metti il materasso davanti alla porta. Insomma cerca di non farti disturbare in alcun modo.

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Google My Business rappresenta il punto di riferimento per qualsiasi tipologia di brand con cui poter gestire al meglio la propria presenza online. Unisce Google Places (Maps) e le Pagine Google+ Business e Local (social) in un unico prodotto. Le dashboard sono finalmente unificate ed è più semplice recuperare e modificare le informazioni dell’azienda e interagire con le persone. Pagine Google+ Business, Pagine Google+ Local e Google Places for Business, un groviglio di sigle e funzioni che ora vanno tutte sotto il nome di Google My Business. Read More »

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Non c’è bisogno che un sito Internet sia particolarmente frequentato o famoso per finire nel mirino di un pirata informatico. Nell’ottica di un cyber-criminale, qualsiasi sito Web è un potenziale asset da utilizzare nella sua attività.

Il meccanismo è così oliato da prevedere una vera filiera, in cui i pirati fanno strage di siti e rivendono sul mercato nero l’accesso ai server compromessi.

Il modus operandi di questi “cyber-criminali” è sempre lo stesso: non appena viene individuata una vulnerabilità su una piattaforma collegata alla gestione dei siti Internet, si lanciano in veri e propri attacchi “a tappeto” puntando a fare quante più vittime possibile.

La cronaca recente dimostra che, già in condizioni normali, sono in grado di colpire centinaia di siti ogni volta che gli si presenta l’occasione. Tra qualche anno, però, il panorama potrebbe diventare ancora più nuvoloso.

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